Luigi Barzini – URSS. L’impero del lavoro forzato  >  Prefazione

 

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Prefazione

 

Della Russia sovietica, per solito, si dice molto male o troppo bene. Chi la vede detestabile e chi la vede ammirevole. È raro trovare giudizi che non siano assoluti. Il fatto è che l’Unione Sovietica presenta gli aspetti più contraddittori e si rivela volta a volta feroce ed umana, paradossale e ragionevole, barbara e progressiva, assurda e logica. Ognuna delle sue facce multiformi ha quanto basta per suscitare orrore o simpatia.
La proporzione fra il male ed il bene non può essere percepita con una certa chiarezza se non si tiene conto delle speciali condizioni di questo immenso Paese la cui unità politica fu fatta dai mongoli, della natura di questo popolo che nella sua grande maggioranza è rimasto per istinto nomade come agli inizi della sua storia, e dalla formazione di questa strana civiltà slava, recente e patriarcale, nella quale due sole grandi influenze hanno lasciato una traccia profonda: quella di Tamerlano e quella di Pietro il Grande.
Dopo aver rovesciato sulla Russia tutte le devastazioni, tutte le catastrofi, tutte le miserie, la Rivoluzione sovietica è entrata un in impetuoso e convulso periodo di ricostruzione moderna, il quale
assume una linea di grandiosità imponente ma si fonda, come una guerra, su sacrifici indicibili del popolo.
Ad onta dei suoi errori, dei suoi sperperi, delle sue follie e delle sue atrocità, lo sforzo immenso e disperato dell’Unione Sovietica per raggiungere immediatamente primati industriali e scientifici non può essere osservato senza stupore, se non altro per la sua stessa smisurata vastità. Ma non si avrebbe una chiara idea di tale esorbitante fatica se ci si fermasse a contemplare le gigantesche realizzazioni russe senza considerarne il costo, l’efficienza e le ragioni.
Il bolscevismo non distingue dal suo ardente desiderio di progresso una decisa volontà di presentare al mondo il panorama, non importa se illusorio purché impressionante, d’una superiorità di creazione e di potenza sugli altri regimi della Terra. Affida alle proporzioni gigantesche delle sue opere il compito di dimostrare agli altri Paesi le gigantesche capacità del comunismo. A spese del benessere del popolo esso tende a costruirsi un prestigio  dominatore, verso il quale si orienti con rinnovato vigore il sovversivismo internazionale.
Perciò, in tutto quello che fa, il bolscevismo considera la grandezza come essenziale. Vuol potere annunziare sempre il massimo. Ai tecnici stranieri che assolda esso chiede di fare enorme e di fare presto. Reclama dei “record”. La Russia sovietica non ha mai lavorato a divenire il centro di una rivoluzione universale come da quando sembra esclusivamente intenta ad attività interiori.
Le “
piatiletke”, realizzate a prezzo di fame e con il lavoro forzato di un popolo, sarebbero inesplicabili senza questo loro valore di offensiva propagandistica sul fronte internazionale e di preparazione bellica.
Ma questa tumultuosa applicazione di modernità alla vita russa crea trasformazioni profonde di pensiero e di indole, provoca vaste diffusioni di cultura nelle masse, e sarebbe ingiusto non dar credito al bolscevismo di progressi mentali del popolo da cui potrà sorgere, forse, col tempo e con la pace, una Russia migliore.

 

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